Scolpire concept a mano libera, con Medium 3D

Scolpire concept a mano libera, con Medium 3D

Creare 3D in 3D, per dare alle idee qualsiasi forma.
È questo quello che permette di fare Medium 3D, il software - acquisito da Adobe - dedicato alla scultura in realtà virtuale.

 

Medium nasce per generare in 3D forme organiche, personaggi complessi, arte astratta e molto altro, dando la possibilità a 3D artist e designer di spaziare con la creatività in maniera pressoché immediata.
Basta davvero poco tempo nel workspace di Medium per imparare a creare, manipolare e colorare forme.
L'interfaccia utente di Medium consente di trovare facilmente ciò di cui hai bisogno quando ne hai bisogno, e lo rende un software estremamente utile sia per un professionista che per un neofita del 3D.

Medium 3D è un’applicazione voxel, ovvero che si basa su una finissima griglia di “pixel 3D” (voxel sta per volumetric pixel). Cosa significa?
A differenza di un software poligonale, che si basa su forme piane tracciate tra punti nello spazio, un software voxel permette di definire quali punti dello spazio sono occupati e quali no. In un certo senso, è come dipingere forme nell’aria per poi scolpirle ulteriormente. 
Creare una bozza, limitati solo dalla performance del computer a cui si è collegati (Medium non è ancora uno strumento standalone, a differenza di Gravity Sketch), è estremamente intuitivo con questo set di strumenti.
Medium può essere usato per realizzare velocemente concept complessi e che possono essere visualizzati da più punti di vista dai membri del proprio team.


Ho elaborato una breve demo che penso possa aiutare a comprendere meglio le potenzialità di questo affascinante strumento. 
Quella che segue non è una guida al software, per cui non parlerò degli strumenti specifici - mi concentro invece sui concetti trasversali utili al design di qualunque asset.

Senza in questo caso seguire alcun tipo di direzione artistica pregressa, ho abbozzato delle forme che si sono trasformate in una sorta di tartaruga la quale, tornando a casa dopo aver fatto la spesa si rende conto di aver dimenticato di comprare le banane.
Questi sono i soggetti che sorgerebbero spontaneamente a chiunque, per cui non accetterò domande al riguardo.
Ecco il processo che ho seguito.



1. Block-out: dare forma alle idee

Il primo passo per realizzare un concept o un'illustrazione è sempre e comunque il blockout: in questa fase si gettano sulla carta (o in questo caso "per aria") le forme principali che formeranno le fondamenta per il resto del concept.
Questa fase è cruciale perché, per quanto si operi con forme molto semplici, ci permette già di capire come un osservatore poco attento vedrà il design che si trova davanti.

Pro Tip: nel caso manchi il tempo per immergersi appieno nel vortice creativo, come spesso accade durante lo sviluppo di progetti più ampi, è meglio accantonare l'aggiunta di dettagli superficiali rispetto a saltare il block out iniziale: il design in generale risente più spesso di problemi di proporzioni e comprensibilità delle forme più di quanto sia penalizzato dalla mancanza di dettagli.
Il 90% dei concept artist e illustratori alle prime armi fa questo errore.



2. Colori di base e storytelling: dare significato alla forma

In seconda battuta si va ad aggiungere tutto quello che è necessario per comprendere cosa è rappresentato, una volta che le forme generali ci soddisfano.
È qui che interviene il designer per raccontare effettivamente il soggetto.
Bisogna necessariamente sapere cosa realizzerai fin dall'inizio del processo? Non per forza. Molto spesso anzi le migliori idee emergono proprio a partire da quello che viene definito un loose sketch: un ammasso di forme e linee abbastanza armoniche da meritare ulteriore ricerca.
Ovviamente tutto cambia nel momento in cui si è già organizzato perfettamente il processo lavorativo e si vanno a progettare "in massa" molti elementi che non necessitano di fare molto oltre a starsene buoni e supportare gli elementi principali.
In questo caso spesso può bastare che "reggano" un'analisi superficiale, addirittura si sconsiglia di dare troppo valore narrativo a questi asset in modo da non distrarre l'utente finale del progetto, che sia un videogioco o un film d'animazione.

Una piccola nota riguardo i colori: è essenziale tenere a mente la direzione artistica di un progetto quando si colora un asset.
Un buon art director sa definire e motivare le scelte cromatiche (varietà, toni principali, saturazione) che fungono sempre come un mezzo espressivo e comunicativo.
Ad esempio: se tutti gli elementi esplosivi in un gioco sono di un certo rosso intenso e stiamo colorando una bombola sulla schiena di un nemico dello stesso colore, molto probabilmente stiamo suggerendo che il giocatore potrà puntare quell’elemento per far saltare per aria l’avversario. Se poi questo non dovesse realizzarsi, potrebbe crearsi nel giocatore un senso di delusione subconscia che lo porterà a non provare più niente nel gioco, per quanto apparentemente evidenti saranno gli indizi su dove e come interagire in scena (chiamati tecnicamente “affordances”).



3. Dettagli: la ciliegina sulla torta

I ritocchi finali sono quelli che prendono più tempo e hanno minor rilevanza per il primo impatto.
Nel caso di un mondo realizzato in stile low poly o pixel art a volte questa fase manca del tutto - ma non va sottovalutata la complessità spesso nascosta in questi approcci.
Per essere sintetici è necessaria spesso una certa disciplina: perdersi felicemente in dettagli intricati può essere controproducente in una fase iniziale del design (come si diceva in precedenza) sia se la direzione artistica non prevede tali raffinatezze.

Nell’ultimo caso, va padroneggiata una capacità ulteriore: saper vedere il quadro generale e riportarlo in modo efficace invece di tentare di riportare uno ad uno gli elementi del soggetto.
Esiste una differenza fondamentale tra una rappresentazione simbolica che “elenca gli elementi” e una impressionista che riporta ciò che vede realmente.
A seguire due esempi per chiarire la distinzione.

ritratto_impressionista-1


Non c’è dubbio che la faccia disegnata da un bambino sia più “comprensibile” e dettagliata rispetto al profilo dipinto da Miller; esiste comunque un abisso nel realismo che l’osservatore percepisce. Lungi da me volermi tuffare a piè pari nella teoria della percezione (né tantomeno nel mondo del low-poly); ulteriori approfondimenti possono essere fatti dai/dalle forti di stomaco leggendo Arte e Percezione Visiva di Rudolf Arnheim.

Insomma, buona parte del lavoro di un visual artist sta nel sapere non solo cosa riprodurre, ma anche cosa non aggiungere.

Per tornare alla nostra rana, ho usato i colori più chiari per dare risalto ad alcuni elementi, ad esempio sulla testa, e toni spenti per accentuare le parti nascoste.
Ho aggiunto qualche forma nel terreno e alcuni dettagli per suggerire complessità supplementare (delle pennellate nello spazio, per così dire).

Ecco di seguito il video che illustra l’intero processo di concepting e modellazione:



A questo punto, il concept è pronto per essere portato in un software come Blender per un render - ma avrei potuto benissimo realizzare degli screenshot direttamente dal computer se avessi avuto più fretta.


Questo è uno di tanti possibili soggetti, realizzato con uno di tanti software a disposizione.
In Digital Mosaik crediamo molto nell’utilizzo di strumenti innovativi per ottenere prospettive diverse e facilitare il processo creativo.

Come dicevo prima, questa non è una guida al software bensì un’introduzione al metodo.
Esistono diverse guide approfondite; questa di Adobe, chiaramente, è la più completa.
Saremo più che felici di approfondire l’uso di Medium dal punto di vista del workflow professionale in futuro, siamo sempre a disposizione per condividere le nostre conoscenze e raccontare il nostro workflow creativo e produttivo.
Alla prossima!



Daniele Bulgaro - VR Creative Director
daniele@digitalmosaik.com

 

 

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Pubblicato il 16 dicembre 2021